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FINANZA

Banche europee in bilico, Sabadell corre i rischi maggiori

di Gianfranco Ursino

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27 Settembre 2008

Capitali delle banche inadeguati ai rischi sopportati. Una percezione che ha iniziato ad aleggiare sui mercati con lo scoppio della crisi dei mutui subprime nella seconda metà del 2007 ed è divenuta sempre più concreta con il susseguirsi di annunci di fallimenti di banche Usa. Un'evoluzione che è possibile cogliere dalla dinamica degli spread dei credit default swap (Cds), la vera cartina di tornasole del credito che ciascuna banca riscuote tra gli altri operatori: una sorta di contratto di assicurazione attraverso il quale il venditore si impegna a risarcire il compratore nel caso di insolvenza di un emittente.
Venerdì 12 settembre, il giorno prima del fallimento di Lehman Brothers, per "assicurare" per cinque anni 10 milioni di dollari investiti in bond emessi dall'ormai defunta banca d'affari statunitense un investitore istituzionale doveva sborsare 700mila dollari, più del doppio rispetto a quanto richiesto dal mercato la settimana precedente. Alla stessa data, per proteggere per una pari durata la stessa cifra investita in un'obbligazione emessa da Dexia (la banca reputata tra le più rischiose nell'Eurozona) il costo ammontava a 235mila dollari; un valore che dopo il crack Lehman è balzato intorno a 400mila dollari. Andamenti schizofrenici che testimoniano la crisi di fiducia che serpeggia sul mercato interbancario. In questo scenario, il mercato sembra dare maggiore fiducia alle banche italiane, i cui valori dei Cds si attestano su livelli di tutto rispetto nel panorama europeo: assicurarsi oggi contro il default di Intesa Sanpaolo costa un quinto rispetto a Dexia e quasi la metà rispetto alla spagnola Sabadell.
Per analizzare in quale modo le banche stiano affrontando la grave crisi finanziaria in atto, Finlabo Sim ha aggiornato uno studio sui coefficienti patrimoniali e l'esposizione al mercato interbancario di un campione di banche dell'area euro, già pubblicato su «Plus24» il 22 marzo scorso, quando sui mercati imperversava la bufera Bear Stearns. «In questi sei mesi - afferma Dario Vagnoni, analista di Finlabo Sim – le banche hanno messo in atto politiche per il rafforzamento dei propri coefficienti patrimoniali attraverso aumenti di capitale, vendita di sportelli e smobilizzo di investimenti non ritenuti strategici, soprattutto le banche italiane e spagnole, che mediamente sono le più sottocapitalizzate a livello di patrimonio di vigilanza».
La maglia nera dei peggiori coefficienti patrimoniali va al Monte dei Paschi di Siena che paga l'elevato prezzo sborsato per rilevare Antonveneta dagli spagnoli del Santander. Per riequilibrare i ratios patrimoniali, l'istituto presieduto da Giuseppe Mussari ha messo in atto una massiccia campagna di dismissioni, ultima in ordine di tempo la cessione della maggioranza di Mps AM Sgr al fondo Clessidra (si veda anche l'articolo nella pagina a fianco).
Per quanto riguarda la posizione interbancaria netta delle banche che fanno parte del campione sono poche quelle che risultano prestatori netti sul canale interbancario: in particolare Banco Español de Credito, Crédit Agricole, Banco Popolare e Intesa Sanpaolo; diversa è la situazione di società come Dexia, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, Deutsche Postbank e Commerzbank, che fanno un ricorso notevole a un canale di finanziamento, quello interbancario, caratterizzato attualmente da alti costi di approvvigionamento. «In questi ultimi mesi – continua Vagnoni – le banche stanno adottando strategie volte ad aumentare il peso della raccolta diretta a scapito di quella interbancaria». Esemplare il caso di Mediobanca che da banca d'affari pura, con il varo di Che Banca! , ha dimostrato di voler schiacciare il piede sull'acceleratore della raccolta diretta del risparmio, diminuendo liquidità e crediti verso le altre banche. Ma a guardare il livello degli spread dei Cds Mediobanca, i più alti tra le banche italiane, l'istituto di Piazzetta Cuccia rimane considerato, per il momento, pur sempre una investment bank.

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